IL CILENTO CHE VORREI. Riflessioni per un nuovo sviluppo

Di Mario Notaroberto

Il Cilento condivide le sorti di altre terre del sud Italia, luoghi che non davano sufficiente spazio allo svilupparsi di sogni e progetti e dalle quali, di conseguenza, molti sono partiti. Non entrerò tuttavia nella retorica del mezzogiorno sottosvilupato, dell’emigrazione vecchia e nuova, nella litania del lamento. Non è questo il mio approccio, non lo è mai stato. Se sono partito, è perché non volevo rinunciare a realizzare un sogno, se sono tornato, è perché non rinuncio a credere nella mia terra d’origine. Prendere le distanze fa sempre bene: dà un nuovo metro col quale misurare le cose.

Allora, parliamo di questo: ogni volta che rientro, mi scontro con lo status-quo dei fatti e con la prevalente rinuncia delle intenzioni accompagnata da una pseudo-indignazione che nulla muove. Praticamente, una resa.

Ci si abitua a tutto? Beh, allora rompiamole queste abitudini! Cambiamo occhi ed orizzonti!

Velia2Partiamo dal qui ed ora, ma guardiamo lontano. Come? Innanzitutto, se vogliamo plasmare forme nuove a economia, società, politica e cultura cilentane – detto in altri termini, se vogliamo progredire nel nostro grado di civiltà – non mettiamo al centro l’uomo e dalla sua opera, ma la terra. Non partiamo dall’uomo perché l’uomo è imperfetto, poi ci arriveremo. Partiamo dunque dalla terra.

Una terra che esprime un’alta civiltà. La esprimono i suoi monti e la sua vegetazione, il suo mare: incanto e ricchezza. Essa indica la via e fornisce gli strumenti, noi siamo al suo servizio per permetterne una completa fioritura.

Tutte le attività intraprese, siano esse agricole, pastorizie ittiche o turistiche, devono perfettamente fondersi con le specificità locali. Le caratteristiche territoriali indicano le potenzialità; a noi spetta metterci passione e innovazione, facendo anche tesoro delle antiche pratiche. Tutto ciò, nel pieno rispetto della sostenibilità ambientale lungo l’intera catena produttiva: filiera di fornitura di materie prime, coltivazione, trasformazione e distribuzione. Il prodotto, o meglio il frutto di questo lavoro, ha allora il valore aggiunto dell’unicità e della tipicità territoriale. In una parola, l’eccellenza.

Passiamo allora agli uomini e alle loro pratiche. Fortunatamente, ho potuto conoscere in questi anni diversi, tra agricoltori, produttori, ristoratori che operano nel Cilento secondo questi criteri. Persone convinte e convincenti.

Facciamo quindi un’analisi di tutte le esperienze positive che ci sono o si stanno compiendo e cerchiamo di capire come farle crescere, come esse possono diventare un agente di contagio positivo. Uniamoci e creiamo processi sinergici positivi.

Il mio discorso non si limita ovviamente all’ambito economico, intanto, perché da questo ne consegue un impatto sociale importante, ma non solo: lo stesso approccio di piena valorizzazione territoriale vale anche per la nostra antichissima storia e cultura.

Abbiamo un potenziale immenso per promuovere in ogni dove questa terra di straordinaria bellezza, per offrire a noi stessi e ai nostri giovani uno sviluppo di qualità, denotato da eccellenze e soprattutto alternativo alla mercificazione imperante. Crediamoci.